San Giovanni Battista è un dipinto di Filippino Lippi a olio su tavola (133x38 cm), databile al 1500 circa e conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze.
Storia
L'opera, che probabilmente formava un trittico con la Crocifissione tra Maria e san Francesco, distrutta, e la Maria Maddalena sempre all'Accademia di Firenze, venne forse ricordata dal Vasari nella distrutta chiesa di San Ruffillo (già in piazza dell'Olio), ma ci sono dubbi sulla sua nota, che forse era errata. Infatti Vincenzo Borghini nel 1584 descrisse con più precisione la pala dentro la chiesa di San Procolo, sull'altare Valori, con un affresco soprastante con San Francesco che riceve le stimmate. Le differenze di misure e di sfondo però non rendono certo in maniera assoluta l'accostamento tra queste opere.
Nel Settecento la pala venne smembrata e lo scomparto centrale, dopo vari passaggi, venne distrutto a Berlino durante la seconda guerra mondiale.
Gli scomparti laterali, già attribuiti ad Andrea del Castagno, vennero riassegnati a Filippino da Cavalcaselle, come confermato dalla critica successiva. Per quanto riguarda la datazione, lo Scharf avanzò l'ipotesi del 1497-1498, mentre la maggior parte della critica protende oggi per il 1500 circa, vicina cioè agli ultimi affreschi della Cappella di Filippo Strozzi, terminati nel 1502. Una tavola con l'Incontro di Gioacchino e Anna nello Statens Museum for Kunst di Copenaghen, datata 1497, ha stringenti affinità stilistiche con quest'opera.
Descrizione e stile
San Giovanni Battista è raffigurato in una nicchia, guardante verso destra, col volto emaciato, il corpo magrissimo, le vesti lacere, i capelli scarmigliati, i piedi nudi, la posizione incurvata e patetica, che ricrea il dolore fisico e spirituale per la penitenza nel deserto. L'impressione è particolarmente toccante e tendente a creare nel fedele un sentimento di compassione e di meditazione sul tema del sacrificio e dell'espiazione del peccato.
Una tale rappresentazione venne sicuramente richiesta dal committente rifacendosi all'austera religiosità promossa da Girolamo Savonarola durante le sue prediche: lo stile è semplice e scarno, come nei dipinti degli inizi del Quattrocento. A differenza di altri artisti Filippino non manifestò particolari influenze derivate dalle predicazioni e dalle vicende del frate ferrarese, adattando con disinvoltura, a seconda della committenza, il proprio stile, ora di tono austero, ora sfarzoso.
Provenanza
Ospedale San Matteo in Firenze
L'ex Ospedale di San Matteo fu fondato nel 1385, per volere di Lemmo Balducci, nel convento delle Monache di San Niccolò, trasferite da quel momento nella vicina via Alfani. Scopo dell'Istituzione era quello di accogliervi gli infermi poveri sotto la direzione e il patronato della Corporazione dell'Arte del Cambio al cui santo protettore, San Matteo, l'ospizio fu dedicato. L'assistenza agli ammalati (che vi furono accolti a partire dal 1410) era garantita da volontari che esercitavano gratuitamente il proprio servizio, mentre l'amministrazione dell'ospedale era affidata a rettori, detti spedalinghi, appartenenti all'ordine sacerdotale.
Poco oltre la metà del Settecento vi furono effettuati i primi esperimenti di vaiolizzazione mediante l'inoculazione del virus del vaiolo a bambini provenienti dal vicino Ospedale degli Innocenti: queste prime vaccinazioni venivano eseguite allo scopo di sperimentare l'opportunità di adottare tale metodo nella cura della malattia. L'Ospedale di San Matteo fu soppresso nel 1784, insieme a molti altri piccoli ospedali, ed i suoi beni furono incamerati dall'Ospedale di Santa Maria Nuova.
Nei locali dell'ex chiesa dell'Ospedale di San Matteo si trova, dal 1851-1853, la Biblioteca dell'Accademia Fiorentina di Belle Arti. [2]
Bibliografia
- Giulia Cosmo, Filippino Lippi, serie Art dossier, Giunti, Firenze 2001. ISBN 8809020316
- AA.VV., Galleria dell'Accademia, Giunti, Firenze 1999. ISBN 8809048806
|