Il forte di Macchiatonda in attesa di restauro
[1]
Il forte di Macchiatonda
Il forte di Macchiatonda, noto anche come torre o casale di Macchiatonda, è una fortificazione costiera situata sull'omonimo tratto litoraneo del territorio comunale di Capalbio.
Cenni storici
Il complesso fu costruito dagli Spagnoli sulla spiaggia di Macchiatonda nel corso del Seicento, per implementare il sistema difensivo all'estremità meridionale dello Stato dei Presidii.
Adibito a funzioni di avvistamento pur apparendo come un casale residenziale, il fortino fu dismesso nella prima metà dell'Ottocento, quando l'intera zona entrò a far parte del granducato di Toscana ed erano oramai terminati i rischi di eventuali azioni piratesche. Da allora il complesso è andato incontro ad un lungo periodo di degrado, tanto che già negli anni novanta avrebbe richiesto un intervento di restauro conservativo.
Aspetto attuale
Il forte di Macchiatonda si presenta come un edificio a pianta quadrangolare che si articola su due livelli.
L'aspetto leggermente fortificato è conferito al complesso dai quattro pilastri obliqui angolari che sembrano abbozzare i vertici di un basamento a scarpa inesistente al primo livello, ove si aprono i portali d'ingresso architravati per accedere all'interno della struttura. Al livello superiore si aprono alcune finestre di forma quadrangolare lungo le pareti rivestite in intonaco.
La parte sommitale, priva di coronamenti, culmina con un tetto di copertura a quattro spioventi.
Podere Santa Pia si trova nella Valle dell'Ombrone, nel cuore della Toscana a 30 minuti da Montalcino e Pienza.
Partendo da Siena, patria del Palio, e viaggiando in direzione di Monte Amiata, si arriva nel cuore delle nostre colline dove si trova l'abbazia di Sant’Antimo, e nei pressi del borgo Castiglioncello Bandini, il Podere Santa Pia. Qui trovate il piacere della quiete e la bellezza della natura toscana.
In oltre cento anni di cinema, la Toscana è stata utilizzata da numerosissimi registi come set cinematografico dove ambientare esterni ed interni ricchi di suggestione.
Nell'estate del 1969 il forte di Macchiatonda venne utilizzato come scenario per il film di Marco Ferreri Il seme dell'uomo. Visionando la pellicola è interessante rilevare lo stato di erosione dell'arenile avvenuto nel corso di quarant'anni, oltre al degrado generale delle strutture murarie dell'edificio.
Il seme dell'uomo (Marco Ferreri), 1969
Il seme dell'uomo è un film di fantascienza del 1969 diretto da Marco Ferreri. Il regista tratta di una coppia di sopravvissuti ad un catastrofico evento ignoto e dell'atteggiamento di entrambi al riguardo della situazione in cui vengono calati non volenti.
Con Annie Girardot, Anne Wiazemsky, Marco Margine, Marco Ferreri, Angela Pagano.
Si vede il forte di Macchiatonda dal minuti 25.22
Il Seme dell'Uomo amplifica a dismisura i temi della morte e dell'autodistruzione, prefigurando l'apocalisse della civiltà umana come estremo e totale rifiuto del sistema.
Il film prende l'avvio quando la fine è già cominciata: in tutto il mondo la gente sta morendo; due sopravvissuti, un uomo e una donna, si sono isolati in una capanna in riva al mare, alsciandosi alle spalle le macerie delle metropoli e le cataste di cadaveri insepolti; giocano sulla spiaggia, rivedono le immagini del cataclisma; lui cerca di conservare la loro civiltà, della quale la loro casa dovrebbe diventare un museo permanente, e decide anzi di farla continuare, mettendo al mondo altri esseri umani; ma lei si oppone decisamente all'idea di avere un figlio; e quando arriva una ragazza disposta ad esaudire i desideri del maschio, non esita a squartarla e a servire le sue carni come pietanza; il maschio allora la feconda con la violenza (nel sonno dopo averla drogata); una mina li fa saltare in aria.
Ferreri condanna l'intera umanità alla distruzione, e a conclusione di un lento processo di tortura reciproca; dilaniati dal terrore dell'estinzione (lui) e dalle ripulse della coscienza (lei), si tormentano l'un l'altro invano: un'esplosione li spazza via in un attimo. La ragione anarchicamente illuminista di Ferreri nega anche lo stato di natura, nega sé stessa, nega l'intera umanità; il processo in corso di dissoluzione dei valori non può che determinare il crollo dell'ultima fede: quella nella sopravvivenza della propria razza. Con atroce rigore denuda gli istinti bestiali dei suoi protagonisti, il loro attaccamento alle proprie convinzioni, feroce fino al cannibalismo.[2]
Film in Toscana | Il seme dell'uomo (Marco Ferreri), 1969